giovedì 10 novembre 2016

L'Origine del Crepuscolo

Era all'inizio del 2001 che, scrivendo il lungo addio al termine della 'Trilogia di Lothar Basler', giungevo all'epilogo di una storia principiata, dentro di me, ben prima delle pagine del suo preludio. Finita, finalmente, con tutto lo scotto che la passione aveva reclamato nella sua realizzazione. Finita, pensavo, e tanto era tutto ciò che m'importava.

Poi accade che nella notte di qualche mese più in là, di ritorno da una di quelle feste che ti catturano al tramonto e non ti rilasciano prima dell'alba, forse per scarsa lucidità, forse perché nelle ore più buie i sogni sembrano davvero più veri, si formò nella mia mente un titolo, solo un titolo, senza alcuna storia, senza alcuna trama che ancora vi affiorasse da sotto. Tre parole, scolpite nella mia mente forse poco lucida, forse preda di un sogno sconfinato nei territori della veglia.

Il Richiamo del Crepuscolo.

Il tempo di ripetermelo a fior di labbra, di figurarmi una sorta di canto sottile, di armonica che increspa l'atmosfera torbida dell'imbrunire. Subito dopo compresi due cose: la storia che pensavo di avere concluso aveva ancora molto da raccontare; e quel titolo reclamava un romanzo che forse avrebbe aspettato, ma che prima o poi mi avrebbe costretto di nuovo con la penna in mano, pretendendo di essere scritto.

Sarei tornato a immergere gli stivali nel fango dei Principati, a perdermi tra i vicoli di Lum, forse persino a bussare al Boccale del Gioco (ma ne esisteva ancora uno? non era chiuso e abbandonato?). Per giungere dove? Non ne avevo idea, ma sospettavo che sarebbe stato lontano, oltre quell'orizzonte in bilico fra tramonto grondante e tenebra sinistra.

Suona tutto molto romanzato, me ne rendo conto. Romanticamente bohémien. Eppure, la mia mano sul cuore, vi assicuro che è del tutto autentico. Un titolo nella testa, la spinta a riaprire una porta creduta chiusa. Forse ero ubriaco? Un po' brillo di certo. All'epoca, ad essere onesto, non capitava così di rado... L'università era lì per concludersi, i pensieri perlopiù lievi nella testa, il peso di molte responsabilità un'idea ancora vaga all'orizzonte. Ma una sensazione così - definitela come più vi piace - non mi è mai capitato di provarla di nuovo. I titoli sono abituato ad attribuirli a posteriori, o al massimo strada facendo, stando accorto a idearne il più possibile calzanti alle relative storie.

Non mi metto subito al lavoro, al contrario. Passano oltre quattro anni, addirittura. Il Crepuscolo mi chiama ma io, senza un autentico motivo, mi defilo. Finché, nel momento in cui mi decido a tentare la via della pubblicazione con la 'Trilogia di Lothar Basler', mi faccio anche una promessa: se la saga originale troverà un editore pronto ad accoglierla, allora io celebrerò l'evento iniziando a scriverne il seguito.

Metà 2005, ricevo notizia da una casa editrice che la 'Trilogia di LB' è stata letta ed apprezzata, che c'è intenzione di propormi un contratto di pubblicazione. Metabolizzato l'entusiasmo per la lieta novella, torno dopo anni a rimettere la penna sul foglio e cedo al 'Richiamo del Crepuscolo'. Una promessa è una promessa, e anche volendo sento di non avere più facoltà di procrastinare.

Poi...

Il contratto ritarda ad arrivare. I mesi passano, la situazione stagna. Finché vengo informato che l'intenzione di pubblicarmi esiste ancora, ma la casa editrice sta rivedendo le sue politiche editoriali e non v'è attualmente certezza che si continuerà a puntare sul fantasy. E io aspetto, aspetto. Solo uno scrittore in attesa del suo primo contratto può davvero capire quanto sia macerante. Finché la mia penna si asciuga. Sono quasi a metà de 'Il Richiamo del Crepuscolo', ma lo slancio dapprima si stempera, poi si spegne, incagliato in un senso di comprensibile amarezza. Il Crepuscolo continua a chiamarmi, ma io mi tappo le orecchie.

Giunge la fine del 2006, pochi giorni prima di Natale. Il telefono squilla, è la Curcio. Anche loro, come l'editore precedente, hanno letto la 'Trilogia di LB'. Anche a loro è piaciuta. Anche loro vogliono pubblicarla. Stavolta il contratto arriva, e io lo firmo. La promessa torna a reclamare la mia parola lasciatale in pegno (per inciso, sei mesi dopo arriverà anche il contratto della prima casa editrice; mi rimarrà come soddisfazione, ma non mi restituirà il tempo perso).

La penna riprende esattamente da dove aveva lasciato, come fosse il giorno successivo, come non fosse trascorso un anno e mezzo. E non si ferma più, fino all'estate del 2009, quando non solo quel romanzo, ma anche un secondo e un terzo hanno la loro storia raccontata. La storia che è la prosecuzione di una storia precedente, partita da molto lontano.

Fino alla vera fine, stavolta? Io credo di sì. Per certi versi lo spero, perché ci sono altre storie che mi chiamano e mi chiameranno, e non è per niente facile lasciarle inascoltate.

Ma il ricordo di quel titolo geminato in maniera inesplicabile dentro di me tanti anni fa torna ogni tanto a farmi visita.

E chi può dirsi assolutamente sicuro che qualcosa di simile non accadrà mai più in nessun'altra notte?


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