Uldrich Zimmerman.
Semplicemente noto in ambienti poco raccomandabili come il Rosso.
PS: il disegno è uno degli schizzi privi di pretese elaborato a suo tempo per fissare qualche tratto somatico del personaggio, abbozzato su carta qualsiasi e stropicciata. ;)
.....
Olaf sorrise distratto alla cameriera che gli porgeva la scodella di uova sode e formaggio e il calice di vin cotto che aveva ordinato. Quella parve risentita del disinteresse che mostrò per la scollatura discinta che si era chinata per mettere in evidenza. Raggranellò i ducati d’argento del conto e s’allontanò sculettando indispettita. Olaf non le diede peso; era là per altro che sbattersi le puttane che servivano ai tavoli.
Il
suo uomo era seduto al bancone. Beveva e parlottava con l’inserviente che
mesceva dalle botti accatastate al muro. Una calca chiassosa era pigiata nello
spazio che li separava. L’odore del sudore era forte, mischiato a quello
dell’alcol e del vomito. In un angolo si giocava ai dadi. Olaf sorseggiò il
vino mentre seguiva le fasi di una partita accanita. Strepiti e bestemmie,
denaro che passava velocemente di mano. Un giocatore che aveva alzato troppo il
gomito perse la puntata e provò ad accusare chi teneva il banco di averlo
ingannato; furono i suoi stessi amici a trascinarlo via, prima che si mettesse
nei guai. Scostò dagli occhi una ciocca dei capelli riccioluti e tornò a
sorvegliare il bancone.
Il
suo uomo era sparito.
Olaf
sbatté le palpebre irritate dal fumo. Si era distratto soltanto pochi istanti.
Perlustrò la taverna affollata senza scorgerne traccia. Dove diavolo s’era
ficc…
- Cerchi
qualcuno?
Uldrich
si materializzò come d’incanto dall’angolo cieco della sua visuale. Sorrise
sornione al suo sobbalzo e, prelevata una sedia dal tavolo a fianco, la usò per
accomodarsi di fronte a lui.
- E
tu chi sei? - Olaf recuperò in fretta la calma.
Uldrich
teneva due boccali colmi di birra nella mano destra. Li piazzò in mezzo al
tavolo, scostando il calice già presente. - Qui dentro il vinello cotto lo
bevono solo quelli che schifano le donne. Siccome il tuo grugno mi pare virile,
ho pensato fosse meglio portarti qualcosa di più appropriato. - Parlava in tono
pacato e confidenziale. - Kaiser Ale, la Birra del Condottiero. Un po’ dolce,
forse, ma non ero sicuro dei tuoi gusti precisi.
- Chi
t’ha dato il permesso di sederti al mio tavolo? - ringhiò Olaf.
- Detto
da uno che mi sta alle calcagna da mezzo pomeriggio, non suona molto corretto.
- Che
cazzate vai dicendo? - Olaf fece scivolare una mano sotto al tavolo; le dita si
strinsero sul pugnale alla cintura.
Uldrich
puntò i gomiti sul tavolo per sporgersi di un palmo. - Ho passato anni della mia
vita ad annusare la puzza delle ascelle di quelli che provavano a ficcarmi il
naso negli affari. Non importa quanto bene si nascondano, se impari a
percepirne il fetore sono fregati lo stesso. - Conservava sempre il sorriso
bonario ma subito sopra gli occhi scintillavano di malizia. - Adesso bevi quella
birra e smetti di recitare la farsa della verginella. - Ingollò un bel sorso di
Kaiser Ale.
Olaf
lo fissò rigido, la mano sul pugnale. - Che vuoi?
Uldrich
mise giù il boccale. - Sai come chiamano questa bettola?
Olaf
aveva visto il disegno di una luna ghignante campeggiare sull’ingresso. La
scritta non aveva saputo decifrarla. Sospettava in ogni caso che l’altro si
riferisse a qualcosa di più della denominazione pubblica.
- Il
Pozzo. - rivelò Uldrich. - Perché è facile che l’avventore occasionale che
non ne conosca bene gli anfratti faccia fatica a risalirne le pareti fino
all’uscita. Ne sono scomparsi a mucchi qui dentro, sai? - Il sorriso affabile si
dischiuse sui denti ingialliti. - Ti ci ho portato apposta, mano nella mano. E
tu mi hai seguito docile.
Olaf
sentì un brivido zampettargli lungo la schiena. Fece saettare gli occhi da un
angolo all’altro della taverna. Se quel bastardo credeva di poterlo
intrappolare tanto facilmente…
- Rilassati,
sono qui per parlarti. - Uldrich sembrò trovare la sua reazione divertente. - Se
avessi voluto incastrarti mi sarebbe bastato grattarmi una basetta senza
scomodarmi dal bancone. Ora stammi a sentire. Guarda verso destra, oltre la mia
spalla, a quel tavolo quadrato. Ma fallo con noncuranza.
Olaf
ubbidì, senza però mollare la presa sul pugnale. Tre uomini attorno a un tavolo
ingombro degli avanzi della cena. Uno sonnecchiava con la testa appoggiata al
muro, presumibilmente sopraffatto dall’alcol. Gli altri due parlottavano di
qualcosa di leggero, a giudicare dalle risatine che si scambiavano. - Cos’è che
devo vedere?
- Quei
tre. Sai chi sono? Sbirri della Polizia privata del principe. - Uldrich sorbì
piano la birra.
Olaf
sbirciò di nuovo. Sembravano in tutto e per tutto degli avventori ordinari. Né
l’abbigliamento, dimesso e conforme al locale, né gli atteggiamenti facevano
sospettare alcunché d’insolito.
- Persino
loro avrebbero difficoltà a lasciare il Pozzo, se lo volessi. Tuttavia hanno le
chiappe assai più protette delle tue, se m’intendi. - Ridacchiò di gusto. - Ma la
cosa divertente, la cosa davvero divertente, è l’identità della persona
di cui stanno spiando i movimenti. - Le labbra carnose di Uldrich si
spalancarono in un sorriso. - Te.
Olaf
s’accigliò in preda allo smarrimento. - Che dici?!
- Abbassa
la voce. - l’espressione mutò all’improvviso in una smorfia aggressiva. - Prendi
invece in mano quel cazzo di boccale e sturati le orecchie.
Olaf
ubbidì con riluttanza. Agguantò il boccale con la sinistra, tenendo la destra
sempre sotto al tavolo.
Uldrich
attese di nuovo sorridente che l’altro trangugiasse il primo sorso, poi
riprese: - Non mi frega un soldo bucato di chi la Polizia pedina o rinchiude in
galera. Quello che invece mi frega è se la loro preda si mette a giocare alla
spia con me e così facendo si tira appresso gli sbirri e me li appiccica al
culo. Capisci?
Olaf
annuì. - Non m’ero accorto di essere seguito.
- Naturale.
Non ti sei neanche accorto di come t’ho portato qui al guinzaglio. Non credevo
che la Polizia avesse il fegato di arrischiarsi a mettere piede nel Pozzo. Lo
scudiscio del padrone deve sferzarli con vigore, di questi tempi.
- Che
vuoi da me?
- Per
prima cosa, che la smetti di starmi addosso. So chi sei e immagino chi ti
manda. Un guerriero saprà pure giostrare con la spada, se non è ancora morto
ammazzato, ma questo non basta mica a renderlo adatto a certe altre mansioni.
Sarai pure furbo, se ti hanno scelto per seguirmi, ma io sono più furbo di te.
Mettitelo bene in testa. Magari avresti la meglio su un campo di battaglia, ma
il fango dei vicoli è sdrucciolevole e le ombre che nascondono mortali. Il tuo
incarico finisce qui, hai fatto il meglio che potevi, considerato che non era
il tuo mestiere. Ultimamente sono stato un po’ in debito di serenità e questo
t’ha facilitato il lavoro, ma la mia mente non è abituata a rimanere poco
lucida per troppo tempo di seguito.
- Perché
non mi fai semplicemente fuori?
- Sarebbe
la scelta più logica, ma non è il caso di alzare troppa polvere con quei tre
che ti puntano gli occhi addosso. Dovresti ringraziarli, tutto sommato. Quello
che adesso devi comprendere è che la partita è chiusa. Hai la Polizia alle
costole, ma è un affare che dovrai sbrigarti da solo. Considera il fatto che te
lo abbia reso noto come un pegno da parte mia per toglierti dalle palle.
Per
la prima volta da quando Uldrich s’era seduto al suo tavolo, Olaf si concesse
un sorriso rilassato: - Un gesto magnanimo da parte tua.
- Forse
non cogli neppure quanto. - sussurrò Uldrich serio. - Senti dunque cosa faremo.
Terminerai di bere la birra che t’ho offerto e ripulirai il piatto dalle
pietanze. Poi ti alzerai dalla sedia e ti dirigerai indifferente verso
l’uscita, barcollando il giusto per aver tracannato una pinta di Kaiser Ale.
Una volta fuori, allontanati prima che puoi dal quartiere. Non è zona da girare
la notte, questa.
- E
tu?
- Io
da questo momento in poi non devo neppure più transitare per caso nel cervello
che ti separa le orecchie. E, - Uldrich socchiuse gli occhi mentre si alzava in
piedi, - un ultimo consiglio: occhio alla Polizia, si stufano presto di
limitarsi a osservare.
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