venerdì 27 luglio 2018

La Luna di Sangue

Stasera tutti col naso all'insù a contemplare la più lunga eclissi del secolo durante la quale la luna sfilerà abbigliata di rosso. Per celebrarla, riporto un estratto di come, in un'altra epoca e sotto un cielo diverso, una compagnia di viandanti accampata in una foresta visse la propria esperienza di eclissi sanguigna...

"Thorval fissava quasi ipnotizzato il demone partorito dalla notte.



Non udiva i lamenti disperati della donna alle sue spalle, né il marito che balbettava nel tentativo vano di tranquillizzarla. La sua attenzione era calamitata dall’innaturale sibilo prodotto dall’incubo che ciondolava davanti ai suoi occhi.

Sollevò la spada e si avvide che tremava nella stretta della mano sudata. Egli era un Nordico, discendente di una fiera razza di guerrieri. Pur essendo ancora relativamente giovane, aveva combattuto numerose battaglie tra le aspre colline delle sue terre e aveva più volte fronteggiato la morte, sconfiggendola con coraggio. Aveva visto uomini morire agonizzanti lottando al suo fianco, aveva fissato gli occhi di altri spegnersi sconfortati sotto i suoi colpi. Era stato testimone di interi villaggi devastati dalle bande di orchetti che tormentavano la sua patria: cadaveri straziati di donne e bambini ammucchiati tra le case bruciate, carcasse seviziate e mutilate per puro godimento da quella progenie crudele inchiodate agli stipiti delle porte, teste mozzate allineate sui muriccioli infestate dalle mosche e divorate dai ratti. Aveva visto e si era adeguato. Ma quella creatura sembrava essere emersa dai recessi dell’inferno per banchettare con le loro anime.

Era pronto ad accettare qualsiasi spettacolo la natura potesse offrirgli, ma quella blasfemia si muoveva e respirava contro ogni legge del mondo sensato.

Vide il nano attaccare a testa bassa, per essere abbattuto con un colpo tremendo. Vide Lothar accorrere in suo aiuto, per essere respinto senza affanno. Il gigante ammantato di nero indietreggiò disperato sotto l’assalto incalzante del mostro. Quindi si voltò per fuggire nella sua direzione insieme all’amico guercio dell’oste.

Intorpidito dall’orrore, Thorval lo osservò corrergli veloce incontro, distanziando Markus. La creatura si lanciò all’inseguimento. Si muoveva a balzi sulle massicce gambe rientranti. Con una rapidità sovrumana si stagliò sibilando alle spalle dell’uomo rimasto indietro e, con un movimento preciso della lama ossea, lo falciò all’altezza delle ginocchia.

Markus rovinò a terra con un grido straziato. Strisciò convulsamente sul ventre allungando una mano verso il pugnale caduto nell’erba.


Ma il demone non glielo permise.


Piombò sulla vittima prona, piantò gli artigli inferiori sulle sue gambe. Markus si contorse nel tentativo disperato di liberarsi del peso dell’essere mostruoso. Non aveva nessuna possibilità di farcela. La creatura brandì la lama sopra la testa. Gli enormi bulbi oculari rifulsero di un lucore malefico.


– Noooo!


Un urlo disarticolato emerse alle spalle di Thorval.


Mutio, la bocca spalancata all’inverosimile e gli occhi strabuzzati da un tormento quasi fisico. Senza cessare di strillare, l’Alteano si gettò in soccorso dell’amico caduto; ma la gamba ferita non gli avrebbe mai concesso la rapidità sufficiente per raggiungerlo in tempo.


Il demone affondò fulmineo: l’arto adunco penetrò con uno schiocco orribile nella schiena di Markus subito sotto la cervice. Una contrazione involontaria fece scattare le sue braccia e il capo, come una marionetta cui avessero tirato brutalmente i fili. Un bolo di sangue scuro gli sgorgò dalla bocca e dal naso.


Mutio si bloccò, raggelato da quella vista. Lothar lo raggiunse e, afferrandolo per un braccio, cercò di tirarlo verso il bordo della radura. Simone si accasciò, la spada scivolò dalle sue dita snervate.


Il demone tuttavia non aveva concluso: muovendo la lama su e giù, segò letteralmente la schiena di Markus finché ne raggiunse i reni.


Tramortito la scena, Thorval si accorse a malapena di Lothar che, cinto l’ammutolito Simone con un braccio, barcollava nella sua direzione. Erano appena giunti da lui allorché il demone, infilata la mano artigliata nel corpo sventrato di Markus, cominciò a grattare con un raschio disgustoso nella massa sanguinolenta all’interno dell’enorme squarcio. Infine, dopo aver smosso con violenza il cadavere, ne estrasse qualcosa con uno strattone.


La spina dorsale gocciolante della sua vittima, innalzata quale omaggio sacrificale alla luna di sangue.


Thorval sentì il sangue defluirgli dal volto. Simone gorgheggiò qualcosa dalla bocca che sembrava non dovesse richiudersi più. Il demone scagliò il macabro trofeo lontano.


Riprese a muoversi nella loro direzione.


Lo scintillio degli abnormi occhi giallastri riscosse il Nordico. Deglutì duro. Sollevò la spada nella speranza che la morte giungesse rapida. Un movimento alla sua destra però lo distrasse. Lothar si era inginocchiato sull’erba e, con le dita che gli tremavano per la fretta, cercava di sciogliere i lacci che tenevano insieme il lungo fagotto che portava sempre a tracolla. Con un vago moto di stupore, Thorval vide comparire tra le pieghe del telo la lunga impugnatura di una spada. Rifletté che forse Lothar aveva perso l’altra lama nel precedente scontro col demone; tornò a concentrarsi sull’incubo che avanzava. Ma di nuovo dovette voltarsi.


Lothar si alzò con un grido. Fiondandosi nella radura, tagliò verso destra. Il demone si arrestò: osservò la nera figura filare veloce lungo il margine degli alberi. Subito deviò il suo cammino per lanciarsi all’inseguimento. Nello stesso istante Lothar scartò repentino e caricò. Sfoderò l’arma lasciandone cadere il fodero di cuoio.


Una spada dalla lama sottile. A quella distanza, a Thorval parve nera.


Lothar attaccò sull’impeto della rincorsa, ma la bestia parò senza difficoltà i primi due fendenti, eludendo il terzo. Lothar arretrò incalzato dal contrassalto. Sembrava una scena già vista. Il mostro falciò e Lothar schivò. Quella del demone però era solo una finta: flettendo il braccio snodato in un movimento impossibile, colpì l’avversario con il taglio della mano sulla spalla ferita. Lothar cadde a terra urlando. Il demone si preparò a finirlo.


Ciò che successe in seguito, il cervello di Thorval faticò a metabolizzarlo.


Lothar si rimise in piedi evitando per un pelo gli artigli. Caricò il braccio dietro la spalla e vibrò il colpo contro il petto sguarnito della bestia. Un boato deflagrò all’impatto tra la lama cupa e la corazza del demone. Thorval credé di distinguere una breve fiammata blu avvampare nel momento in cui il corpo mostruoso fu scaraventato all’indietro. Lothar perse di nuovo l’equilibrio e piombò su un ginocchio. Intanto, il demone si rialzava stridendo di dolore. Filamenti di fumo si arricciavano dal suo petto. Si graffiava ossessivamente lo squarcio, senza smettere di lamentarsi.


Fu in procinto di attaccare di nuovo l’avversario a terra, quando una tozza figura spuntò alle sue spalle.


Rugni proruppe in un aspro grido di battaglia e schiantò l’ascia sul braccio sottile del mostro. La pesante lama tranciò l’arto a metà. Il demone indietreggiò sorpreso e fece schioccare la lingua nera nell’aria, nel tentativo di tenere a bada il nano. Ma Rugni non si sarebbe fatto abbattere di nuovo: fintando un affondo sul fianco, fece scoprire il demone al ventre.


Karaka penetrò nelle viscere della creatura, tra schizzi di icore ripugnante.


Il demone si piegò sull’addome e allora il nano, estratta con forza la lama dal corpo, le fece compiere un arco sulla testa, per piantarla dritta in uno dei grossi occhi giallastri. Il bulbo esplose come un melone maturo, l’ascia si fece strada tra le ossa del cranio.


Strepiti di angoscia insorsero tutto intorno. Infransero la litania che pervadeva la notte. Le fiaccole ondeggiarono tra gli alberi, tre figure vennero avanti berciando isteriche. Rugni liberò l’ascia dalla testa maciullata del demone e caricò il primo degli individui incappucciati che gli correva incontro: la lama lo abbatté in un colpo solo. Gli altri due, arrestato l’assalto, vacillarono incerti al confine della radura. Il nano gli ruggì addosso. Quelli fuggirono via. L’anello di fiaccole fu percorso da un brivido collettivo. Dapprima si spezzò, poi si dileguò rapidamente nella notte.


Thorval aveva assistito alle ultime scene quasi in catalessi, stordito dalla repentinità con cui si erano susseguite. Avanzò cauto all’interno della radura e scrutò la carcassa del demone che andava disfacendosi in filamenti di vapore, come se un fuoco stregato ne divorasse le carni immonde dall’interno. Lothar si rialzò da terra e ciondolò nella sua direzione. Il suo volto era sporco e smunto al bagliore della luna.


Il bagliore della…


Il giovane sollevò il viso al cielo e sentì il cuore riprendere a battergli nel petto: le stelle incorniciavano l’albumineo disco lunare, affrancate dal sortilegio emorragico.


Benedicendo i numi dei propri avi, chiuse gli occhi con un sospiro.


Un nuovo urlo angosciato lo fece trasalire: brandì d’istinto la spada e si trovò a fissare lo sguardo allucinato di Mutio. L’Alteano barcollava con le mani tremanti nei capelli; gli occhi erano sgranati e la bocca sussultava spasmodica.

– Helena… – balbettò. – Helena… L’hanno portata via, l’hanno portata via..."

                                                   (da La Lama del Dolore - Trilogia di Lothar Basler (vol.1))



Nessun commento:

Posta un commento