Si tratta di Lord Lestat, Comte de Montreuil.
Nobile di natali, discendente di una dinastia in origine gloriosa, da tempo decaduta in un baratro di tenebra, incarnazione forse dell'ultimo volo della sfortunata larenzia che campeggia sul blasone della sua casata...
Accompagno l'estratto con un disegno molto 'draft' abbozzato come di consueto senza altra pretesa che connotare su carta l'aspetto del personaggio concepito nella mia testa.
.....
Lord Lestat de Montreuil sembrava un uomo alto e muscoloso. L’apparenza però ingannava: gli indumenti di velluto spesso, il mantello imbottito, le protezioni d’acciaio, tutto nel suo abbigliamento contribuiva ad accentuarne la stazza. Sotto gli strati dei vestiti egli intuiva un fisico un tempo gagliardo, divorato adesso da qualcosa che lo rendeva più sottile e rattrappito. Era giovane il conte, venticinque anni o anche meno, eppure sembrava più vecchio di dieci. Rispetto all’apparizione nel cortile aveva indossato un pettorale d’acciaio sopra il farsetto di velluto viola e bracciali fino ai gomiti e schinieri alle gambe. Si era preparato alla battaglia, il giovane conte. Si leggeva nell’equipaggiamento e nell’intersezione dei lineamenti contratti. Un viso affilato, scarno e tirato. Muscoli in tensione sotto la pelle smunta, occhi che ardevano di luce febbrile. Occhi d’un inquietante colore violetto. E lunga chioma d’un bianco assoluto.
Lord Lestat era albino, nei capelli e nella carnagione. Un giovane albino consumato nella carne e forse anche nella mente dalla stessa infezione oscura che appestava il suo castello.
“Vi aspettavo.” parlò con
voce gentile, dall’accento affettato, del tutto diversa dall’idioma brutale
degli armigeri. Cominciò a scendere i gradini circolari della torre, senza
fretta. Egli scorse il riflesso della lumiera appesa al soffitto sull’anello
a forma di farfalla che portava all’anulare della mano destra allorché strinse
le dita sull’elsa della spada alla cintura. Lestat sguainò senza fermarsi, con
un gesto elegante. Il movimento fu moltiplicato per cento dagli specchi che
tappezzavano le pareti della torre. “La Torre degli Specchi,” disse il conte
con un sorriso, “l’opera folle di uno dei miei tanti folli antenati. Una volta
esistevano anche dei piani, prima che qualche altro conte del passato decidesse
di eliminarli. Se vi siete interrogato sulla sua ragione d’esistere, avete
sprecato il vostro tempo. La follia non tollera ragioni.”
“Anche io aspettavo di incontrarti.” Egli attese ai piedi della lunga spirale di gradini. Un vivido senso di
precognizione d’addensava gradualmente dentro di lui. Percepiva l’imminenza
degli eventi nello scricchiolio dei passi del conte e nell’invisibile frullio
sulla sua testa. “Per convocarti.”
“Convocarmi?” Lestat scosse il capo. “Avete
sprecato altro tempo ancora.”
“Io non credo.”
Lestat si bloccò a metà della discesa.
Portò la spada di piatto davanti al viso: una lama bastarda istoriata col motivo
della farfalla, elsa a crociera decorata di ametiste, lunga impugnatura fasciata
di cuoio nero. L’acciaio era lucidato a specchio, in contrasto con la
superficie graffiata del pettorale. “Questa è Funerea,” Lestat eseguì un saluto
marziale, “la spada dei miei padri. Con essa combatterò, nella loro memoria.”
“Non sono qui per combattere.” Egli cominciò a salire, sagoma nera riflessa negli specchi. “Sono qui per parlare.”
Gli inquietanti occhi violetti di Lestat,
cerchiati di pelle livida, seguirono passo passo la sua arrampicata. “So
quello che venite a dire, qualcuno prima di voi me l’ha anticipato.”
“E’ dalla mia bocca che lo dovrai udire.”
Egli percorse l’ansa priva di ringhiera
delle scale. Raggiunse il pianerottolo mediano su cui lo aspettava Lestat, la
spada ancora ritta davanti al viso. Faccia a faccia, si scrutarono con
attenzione.
“Io vengo a riferirti le parole di un
Oracolo immortale, ti convoco al servizio della luce che lotta per non
tramontare.”
La bastarda di Lestat colpì di traverso, fendente
a due mani. Egli estrasse in un baleno direttamente con la sinistra, in presa
rovescia. La sua spada incontrò Funerea con un clangore risonante. Attraverso
le armi incrociate s’incontrarono anche gli sguardi dei due contendenti.
“Non sono qui per combattere. Sono qui a preservare il barlume della speranza dalle tenebre
dell’ultimo crepuscolo. Per farlo mi serve il tuo aiuto.”
“Io dalle tenebre sono nato e nelle
tenebre sono vissuto.” ansimò Lestat con gli occhi sbarrati. “Non esiste luce a
Château Montreuil, non è mai esistita. Dimora atavica di ombre senza speranza
di redenzione.”
Lestat spintonò per staccare le spade. Arretrò
il piede destro sul gradino superiore, guardia alta a due mani. Egli puntò la sua lama contro il conte. “Non ti sto
offrendo una scelta, neanche a te. Tu sei uno dei Sacrificati eletti dal
Destino per compiere la profezia. Aprirai gli occhi alla verità e aiuterai
altri a farlo. Il Crepuscolo insanguina le montagne attorno al tuo castello, è
tempo di venire fuori a combatterlo.”
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