Come
un’ombra scivolata oltre la coda dell’occhio distratto, egli vaga.
Per
le contrade degli uomini, lungo le vie segrete sepolte sotto la pelle di campagne
e città. Viaggia attraverso la ragnatela occulta intessuta nell'epidermide delle carrarecce che solcano colline, selve e pianori, inseguendo il corso
delle rotte recondite nel labirinto di vicoli angusti dei borghi affollati. La
notte, perlopiù, quando la tenebra è alleata del passo discreto; talvolta di
giorno, là dove l’ala dell’ombra si spiega di nascosto al sole di primavera.
Nessuno
di coloro che incrocia lo rende mai oggetto d’una occhiata consapevole. Lo
sbirciano per il tempo d’un battito di ciglia. Tutto ciò che resta loro è
l’alone torbido di un brano di memoria, il riflesso cupo di quell'ombra scorta
ma non del tutto registrata; un sussulto inatteso, un disagio fosco. Molti lo
sognano la notte successiva, eppure quando si destano sudati non riescono a
definire lo spettro onirico evocato dal ricordo fugace. Vi riflettono in preda
all'ansia, ma presto la reminiscenza sfuma e la mente non è più capace di
ricordare l’oggetto di tanto turbamento. Talora, di rado, si ferma a parlare,
chiedere, interrogare. Riceve risposte borbottate, parole nolenti di chi ha
fretta di allontanarsi prima di dovere ammettere l’inquietudine che gli monta
nel petto. Avvolto dai miasmi untuosi delle taverne appartate, o nel buio
serale dei crocicchi isolati di campagna, adesca il passante occasionale e ne
ottiene lo scampolo d’informazione di cui abbisogna; poco dopo è già svanito, e
il ricordo è l’impronta indefinita d’un brivido sulla pelle.
Vaga,
e non sempre il cammino è deciso. Ci sono frangenti in cui la ragione pare offuscata
dallo stesso inchiostro fluido della tenebra di cui s’ammanta. Barlumi
d’oscurità che sbocciano nella mente, eclissi d’intelletto che lo costringono a
indugiare il passo, a nicchiare, rallentare.
Finché
l’inchiostro si riassorbe ed egli riprende a vagare.
Fiuta
la scia dei cacciatori che lo inseguono e quella più acre della paura che
pretendono di ignorare. Lo temono, giacché sanno che non esiste preda e
predatore, bensì una pavana complessa in cui i ruoli mutano a ogni ciclo della
marea. Altri a venire saranno invitati alla danza, altri attori sul palco a
mescolarsi di posto e costume. C’è chi già sogna l’odore appassito del suo
strascico di tenebra. Sente l’aroma conturbante di chi c’è e di chi ci sarà.
Ancor
più, tuttavia, sente il richiamo sinistro del sole che preme per tramontare sul
mondo.