giovedì 14 dicembre 2017

Presents for Christmas

Che sia un ebook fresco di download o un cartaceo fragrante di stampa, poco importa: a Natale un libro resta sempre un amico fedele di chi il dono lo fa e ancor più di chi lo riceve! 😊


venerdì 1 dicembre 2017

Château Montreuil...

"Château Montreuil, meandro di ombre e anime inquiete.

Egli era una di quelle, ombra fluida che scorreva nell’oscurità, anima in movimento priva di requie. Penetrò il grembo disfatto del castello senza che nessun occhio riuscisse a coglierlo, spasmo repentino delle tenebre rapprese. S’immerse fra le antiche pietre intrise di decadenza e dannazione. Un maniero abbandonato a troppi anni di iettata sorte. Putrida carogna pervicacemente aggrappata al ciglio di una miserabile esistenza, le squallide vestigia di quel che era stato in origine e che immantinente aveva iniziato a corrompersi. Nel tempo del Crepuscolo, un mausoleo di luce defunta.

Sale di pietra nera, crudo basalto disseminato di crepe che racchiudeva le interiora incancrenite del castello. Propaggini spinose dalle finestre sfondate, cumuli di roccia e immondizia, isole di rifiuti attorno a cui galleggiavano come relitti scampoli di mobilio sopravvissuti alla rovina. Pietra corrosa e legno marcescente, l’ossatura intaccata della dimora atavica dei conti di Montreuil. Ovunque, amalgamato alle tenebre e ai viticci di viscida foschia che s’insinuavano dall’esterno, gravava il lezzo rancido della morte.

Egli non era interessato allo sfacelo delle sale o al fetore delle tenebre. I suoi cinque sensi erano tesi a individuare ogni minima avvisaglia lungo il percorso. Adempivano un compito cruciale, sussidiario tuttavia a quello del senso ulteriore che lo spingeva a ricercare come freccia puntata verso l’obiettivo.

Risalì il maschio, torrione massiccio provvisto di stanze disparate a ogni piano. Percorse una sala da pranzo dotata di un immenso camino ancora tiepido di un fuoco da poco estinto. Le travature di quercia del soffitto apparivano ancora solide malgrado la muffa e i drappeggi di ragnatele. Le assi del pavimento cedettero lievemente al suo passaggio discreto, foderate da una profusione di tappeti muffiti. Un desco incrostato di sporcizia, delle sedie con l’imbottitura esplosa, una singola finestra dalle imposte sbarrate incastrata in una strombatura profonda del muro. Era buio là dentro, ma egli riusciva lo stesso a vedere. Quando si è ombra più densa di quelle che ti circondano, persino la tenebra può apparire luminosa. Avanzò fra il tavolo e le sedie, scavalcò le suppellettili ammucchiate sui tappeti. Le pareti della sala da pranzo erano addobbate di vessilli tarlati, pronti all’apparenza a sbriciolarsi al solo essere sfiorati. C’erano anche delle tele con le cornici opacizzate da troppi strati di polvere sedimentata. I dipinti raffiguravano i membri della dinastia dei Montreuil che si erano avvicendati a governare sul Lago dei Lamenti. Facce austere, ottenebrate dal tempo e da una comune espressione di tormento interiore. Parevano costernati i Montreuil, osservavano le ombre grevi della sala dalla scorza annerita della tela con il medesimo sguardo conturbato del loro capostipite nell’affresco del cortile.

Egli registrò a margine le espressioni contrite dei dipinti. Annotò la comunanza dei lineamenti sottili e scavati, il portamento algido immortalato dagli artisti, l’ombra inquietante della disgrazia negli occhi di ciascuno di loro. Assorbì i particolari mentre passava oltre, senza rallentare il passo. Le memorie defunte di quella famiglia non gli interessavano. Egli cercava la discendenza ancora in vita, l’ultimo erede della sciagura.

Raggiunse il quarto piano del maschio senza incontrare nessuno. Un tuono rotolò nel cielo. La pioggia picchettava all’esterno. Il torrione aveva un quinto e ultimo piano. Esisteva anche una porta però, un pannello scrostato che in un tempo lontano qualcuno aveva verniciato di lacca nera. Aperto su una voragine animata da un lucore grigiastro. Egli aveva visto la torre secondaria che spuntava appollaiata sul versante settentrionale del maschio, come un nano sulle spalle di un gigante. Il pannello dischiuso era un invito ad andare. Egli staccò le spalle dal muro, la mano sinistra sull'elsa della spada, e andò.

Un cartiglio di marmo butterato sovrastava la soglia. Versi funerei, già incontrati nella corte all’esterno:

La fiata che lo rampollo dalli capelli d’argento e l’occhi d’ametista
ietterà lo sguardo sullo mondo,
la sorte funesta faria ritorno a ghermir le anime della schiatta alata.
Allor la larenzia vedrà perir in cenere le sue ali
e disperazione verserà sul figliolo maledetto.

Egli si soffermò a leggerli ancora. Udì il mugghio della marea del Destino che s’apprestava a montare. Distante, in rapido avvicinamento.

Un volo frusciante che colma la mente, recitò fra sé, disegno di lutto e dannazione.

Il bagliore grigio pulsava oltre il pannello spalancato. Egli varcò l’ingresso senza fretta per immergersi nella sua anima cinerina. Si ritrovò nella torre abbarbicata al maschio. Un cilindro cavo privo di piani. Una spirale di gradini smussati s’attorcigliava come una serpe di pietra a ridosso delle pareti. Saliva fino al soffitto a cassettoni venti metri sulla sua testa. Gli scalini erano ripidi, sprovvisti di ringhiera, livellati a intervalli regolari da un pianerottolo affacciato sul vuoto. Una lumiera di ferro corroso, carica di moccoli di cera liquefatta, pendeva dal soffitto. Il balenio di cento fiammelle colava per la tromba delle scale. Si rifletteva lubrico lungo tutta la cavità della torre, amplificata dalla sua superficie perfettamente levigata: una miriade di specchi privi di telaio tappezzava infatti ogni palmo delle pareti, decine e decine di placche molate e incastrate a comporre un mosaico plumbeo. La luce riverberava ondivaga, sensibile al sussulto di ogni singola candela.

Egli sbirciò il proprio riflesso distorto dalla convessità degli specchi. Ombra sfocata dai contorni imprecisi. Attorno e sopra di lui, altre ombre intrappolate nelle profondità di altrettanti specchi. Imitavano ogni sua mossa, danzavano in cerchio al suo incedere accorto. Un rumore di sottofondo lottava per non affogare nel tramestio della pioggia sul tetto. Un suono lieve, come un battito leggero oppure un fruscio. Dilatato, in alto sulla sua testa.

Il presagio di Aria, avvertì. Quale che sia, è prossimo ad accadere.

Un altro rumore, più brusco e localizzato, ancora sopra di lui. Lo strusciare di un passo, il tintinnio dell’acciaio. Il sussurro della lama che esce dal fodero. Egli alzò gli occhi sulla figura comparsa dalla porticina all’estremità dell’ultimo pianerottolo.

Lord Lestat, Comte de Montreuil."

                                                   (da La Stagione delle Ceneri - Trilogia dell'Estraneo (vol.2))