giovedì 20 aprile 2017

Meet the Characters - Uldrich

Nuova puntata di presentazione dei personaggi chiamati sul palco del "Richiamo del Crepuscolo", e stavolta è il turno di qualcuno che eviterei se non strettamente necessario di prendere di petto (o, peggio, alle spalle)...
Uldrich Zimmerman.
Semplicemente noto in ambienti poco raccomandabili come il Rosso.
PS: il disegno è uno degli schizzi privi di pretese elaborato a suo tempo per fissare qualche tratto somatico del personaggio, abbozzato su carta qualsiasi e stropicciata. ;)

.....

Olaf sorrise distratto alla cameriera che gli porgeva la scodella di uova sode e formaggio e il calice di vin cotto che aveva ordinato. Quella parve risentita del disinteresse che mostrò per la scollatura discinta che si era chinata per mettere in evidenza. Raggranellò i ducati d’argento del conto e s’allontanò sculettando indispettita. Olaf non le diede peso; era là per altro che sbattersi le puttane che servivano ai tavoli.


Il suo uomo era seduto al bancone. Beveva e parlottava con l’inserviente che mesceva dalle botti accatastate al muro. Una calca chiassosa era pigiata nello spazio che li separava. L’odore del sudore era forte, mischiato a quello dell’alcol e del vomito. In un angolo si giocava ai dadi. Olaf sorseggiò il vino mentre seguiva le fasi di una partita accanita. Strepiti e bestemmie, denaro che passava velocemente di mano. Un giocatore che aveva alzato troppo il gomito perse la puntata e provò ad accusare chi teneva il banco di averlo ingannato; furono i suoi stessi amici a trascinarlo via, prima che si mettesse nei guai. Scostò dagli occhi una ciocca dei capelli riccioluti e tornò a sorvegliare il bancone.

Il suo uomo era sparito.

Olaf sbatté le palpebre irritate dal fumo. Si era distratto soltanto pochi istanti. Perlustrò la taverna affollata senza scorgerne traccia. Dove diavolo s’era ficc…

- Cerchi qualcuno?

Uldrich si materializzò come d’incanto dall’angolo cieco della sua visuale. Sorrise sornione al suo sobbalzo e, prelevata una sedia dal tavolo a fianco, la usò per accomodarsi di fronte a lui.

- E tu chi sei? - Olaf recuperò in fretta la calma.

Uldrich teneva due boccali colmi di birra nella mano destra. Li piazzò in mezzo al tavolo, scostando il calice già presente. - Qui dentro il vinello cotto lo bevono solo quelli che schifano le donne. Siccome il tuo grugno mi pare virile, ho pensato fosse meglio portarti qualcosa di più appropriato. - Parlava in tono pacato e confidenziale. - Kaiser Ale, la Birra del Condottiero. Un po’ dolce, forse, ma non ero sicuro dei tuoi gusti precisi.

- Chi t’ha dato il permesso di sederti al mio tavolo? - ringhiò Olaf.

- Detto da uno che mi sta alle calcagna da mezzo pomeriggio, non suona molto corretto.

- Che cazzate vai dicendo? - Olaf fece scivolare una mano sotto al tavolo; le dita si strinsero sul pugnale alla cintura.

Uldrich puntò i gomiti sul tavolo per sporgersi di un palmo. - Ho passato anni della mia vita ad annusare la puzza delle ascelle di quelli che provavano a ficcarmi il naso negli affari. Non importa quanto bene si nascondano, se impari a percepirne il fetore sono fregati lo stesso. - Conservava sempre il sorriso bonario ma subito sopra gli occhi scintillavano di malizia. - Adesso bevi quella birra e smetti di recitare la farsa della verginella. - Ingollò un bel sorso di Kaiser Ale.

Olaf lo fissò rigido, la mano sul pugnale. - Che vuoi?

Uldrich mise giù il boccale. - Sai come chiamano questa bettola?

Olaf aveva visto il disegno di una luna ghignante campeggiare sull’ingresso. La scritta non aveva saputo decifrarla. Sospettava in ogni caso che l’altro si riferisse a qualcosa di più della denominazione pubblica.

- Il Pozzo. - rivelò Uldrich. - Perché è facile che l’avventore occasionale che non ne conosca bene gli anfratti faccia fatica a risalirne le pareti fino all’uscita. Ne sono scomparsi a mucchi qui dentro, sai? - Il sorriso affabile si dischiuse sui denti ingialliti. - Ti ci ho portato apposta, mano nella mano. E tu mi hai seguito docile.

Olaf sentì un brivido zampettargli lungo la schiena. Fece saettare gli occhi da un angolo all’altro della taverna. Se quel bastardo credeva di poterlo intrappolare tanto facilmente…

- Rilassati, sono qui per parlarti. - Uldrich sembrò trovare la sua reazione divertente. - Se avessi voluto incastrarti mi sarebbe bastato grattarmi una basetta senza scomodarmi dal bancone. Ora stammi a sentire. Guarda verso destra, oltre la mia spalla, a quel tavolo quadrato. Ma fallo con noncuranza.

Olaf ubbidì, senza però mollare la presa sul pugnale. Tre uomini attorno a un tavolo ingombro degli avanzi della cena. Uno sonnecchiava con la testa appoggiata al muro, presumibilmente sopraffatto dall’alcol. Gli altri due parlottavano di qualcosa di leggero, a giudicare dalle risatine che si scambiavano. - Cos’è che devo vedere?

- Quei tre. Sai chi sono? Sbirri della Polizia privata del principe. - Uldrich sorbì piano la birra.

Olaf sbirciò di nuovo. Sembravano in tutto e per tutto degli avventori ordinari. Né l’abbigliamento, dimesso e conforme al locale, né gli atteggiamenti facevano sospettare alcunché d’insolito.

- Persino loro avrebbero difficoltà a lasciare il Pozzo, se lo volessi. Tuttavia hanno le chiappe assai più protette delle tue, se m’intendi. - Ridacchiò di gusto. - Ma la cosa divertente, la cosa davvero divertente, è l’identità della persona di cui stanno spiando i movimenti. - Le labbra carnose di Uldrich si spalancarono in un sorriso. - Te.

Olaf s’accigliò in preda allo smarrimento. - Che dici?!

- Abbassa la voce. - l’espressione mutò all’improvviso in una smorfia aggressiva. - Prendi invece in mano quel cazzo di boccale e sturati le orecchie.

Olaf ubbidì con riluttanza. Agguantò il boccale con la sinistra, tenendo la destra sempre sotto al tavolo.

Uldrich attese di nuovo sorridente che l’altro trangugiasse il primo sorso, poi riprese: - Non mi frega un soldo bucato di chi la Polizia pedina o rinchiude in galera. Quello che invece mi frega è se la loro preda si mette a giocare alla spia con me e così facendo si tira appresso gli sbirri e me li appiccica al culo. Capisci?

Olaf annuì. - Non m’ero accorto di essere seguito.

- Naturale. Non ti sei neanche accorto di come t’ho portato qui al guinzaglio. Non credevo che la Polizia avesse il fegato di arrischiarsi a mettere piede nel Pozzo. Lo scudiscio del padrone deve sferzarli con vigore, di questi tempi.

- Che vuoi da me?

- Per prima cosa, che la smetti di starmi addosso. So chi sei e immagino chi ti manda. Un guerriero saprà pure giostrare con la spada, se non è ancora morto ammazzato, ma questo non basta mica a renderlo adatto a certe altre mansioni. Sarai pure furbo, se ti hanno scelto per seguirmi, ma io sono più furbo di te. Mettitelo bene in testa. Magari avresti la meglio su un campo di battaglia, ma il fango dei vicoli è sdrucciolevole e le ombre che nascondono mortali. Il tuo incarico finisce qui, hai fatto il meglio che potevi, considerato che non era il tuo mestiere. Ultimamente sono stato un po’ in debito di serenità e questo t’ha facilitato il lavoro, ma la mia mente non è abituata a rimanere poco lucida per troppo tempo di seguito.

- Perché non mi fai semplicemente fuori?

- Sarebbe la scelta più logica, ma non è il caso di alzare troppa polvere con quei tre che ti puntano gli occhi addosso. Dovresti ringraziarli, tutto sommato. Quello che adesso devi comprendere è che la partita è chiusa. Hai la Polizia alle costole, ma è un affare che dovrai sbrigarti da solo. Considera il fatto che te lo abbia reso noto come un pegno da parte mia per toglierti dalle palle.

Per la prima volta da quando Uldrich s’era seduto al suo tavolo, Olaf si concesse un sorriso rilassato: - Un gesto magnanimo da parte tua.

- Forse non cogli neppure quanto. - sussurrò Uldrich serio. - Senti dunque cosa faremo. Terminerai di bere la birra che t’ho offerto e ripulirai il piatto dalle pietanze. Poi ti alzerai dalla sedia e ti dirigerai indifferente verso l’uscita, barcollando il giusto per aver tracannato una pinta di Kaiser Ale. Una volta fuori, allontanati prima che puoi dal quartiere. Non è zona da girare la notte, questa.

- E tu?

- Io da questo momento in poi non devo neppure più transitare per caso nel cervello che ti separa le orecchie. E, - Uldrich socchiuse gli occhi mentre si alzava in piedi, - un ultimo consiglio: occhio alla Polizia, si stufano presto di limitarsi a osservare.

Olaf rimase solo con un nuovo groviglio di pensieri. Finì di bere e di mangiare e, come gli era stato comandato, lasciò in tutta fretta il Pozzo.


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