mercoledì 28 marzo 2018

Il Campo di Spade...

"Rudger s’ingobbì sul bastone, tanto da allarmare il servitore per la paura che stesse per venire meno. Il Primo Generale gli sussurrò qualcosa all’orecchio e raddrizzò la schiena più che poté.

- Bruciare i miei caduti? Tramutarli in cenere? - Rudger osservò il pulviscolo grigio che vorticava sopra le fiamme. - Sicché è davvero questo che mi resta da fare?

- Viviamo una stagione oscura, dove la luce vacilla e a noi non è dato seppellire i nostri morti. Tutto ciò che possiamo fare è consegnarli alle fiamme, di modo che le loro spoglie possano essere consegnate a loro volta al vento. Cenere nel vento, e il loro ricordo nel cuore.

- Eppure io non mi sono rassegnato. Vieni, non ho finito di farti vedere.

Sostenuto dal servo e dal bastone, Rudger lo portò oltre la cortina fumigante delle fosse incendiate. Attraversarono un boschetto di salici ricoperti di cenere, costeggiarono uno stagno tappezzato di ninfee, fino a raggiungere un vasto spiazzo all’ombra delle mura nord-orientali. Delle aiole e delle siepi che l’avevano decorato non restavano che tracce sporadiche. Un semicerchio di tozze costruzioni marmoree abbracciava lo spiazzo. L’iconografia delle sculture e il senso delle epigrafi non lasciavano dubbi in merito alla loro natura funeraria. Ma non erano i sepolcri a catturare l’attenzione.

L’area erbosa dinanzi ai marmi scintillava del riflesso di decine e decine di lame d’acciaio. Spade, per la maggior parte, conficcate con la punta nell’erba. C’erano anche altre armi: scuri, azze, picche, alabarde. Ma le spade predominavano, di ogni tipo e dimensione. Dalle daghe a lama corta agli stocchi, dalle bastarde a una mano e mezza alle temibili flamberghe da fanteria pesante. Alcune avevano un elmo posato sull’impugnatura, altre uno scudo appeso all’elsa, altre ancora una cintura o un lembo di livrea annodati alla lama. Una piccola, eterogenea foresta di metallo cresciuta in un angolo di quella città disgraziata.

- Quelli sono i sepolcri dei Margravi che hanno scelto di farsi seppellire a Genes. E questo invece, - la voce di Rudger si tramutò in un sospiro - è il nostro omaggio ai compagni caduti. Non possiamo seppellire le loro spoglie nel rispetto delle nostre tradizioni, così piantiamo le loro armi nella terra che rifiuta di accoglierli. Tumuli d’acciaio innalzati in loro memoria. Noi lo chiamiamo il Campo di Spade.

Egli osservò le armi tramutate in lapidi, il riverbero blando della prima luce sulle lame affilate. Su alcune erano ancora intuibili le tracce dell’ultimo sangue spillato. Altre erano opacizzate dal velo di cenere trasportato dalle pire funebri. - Hai riconosciuto una legittima ricompensa a chi ha combattuto al tuo servizio.

- Ricompensa? Le ricompense valgono per i vivi. Ho voluto solo commemorarli come si conviene a dei guerrieri. La loro polvere si disperderà pure nel vento, ma meritavano il loro cimitero. - Rudger chinò il capo e per un po’ sembrò assorbito in contemplazione del Campo di Spade. - Tu che vieni alla mia porta, - si decise quindi a dire, - e che sembri conoscere il vero volto di quest’incubo, rispondimi: oltre a bruciare i caduti e piantare le loro spade, possiamo ancora combattere? Non solo per difenderci in attesa della fine, voglio dire, ma per provare a vincere.

- Io sono qui per questo. - gli rispose laconico."

                                                   (da La Stagione delle Ceneri - Trilogia dell'Estraneo (vol.2))



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